Un tempo finale orribile, figlio di tanti piccoli “incidenti” che hanno costellato queste 24 ore. La cena del sabato, programmata per le 20 (io, Gianni, Nazario e Carla), in un ristorante a caso, e protrattasi fino alle 22 per motivi a noi ignoti. La colazione del mattino (ricordo che siamo in un hotel a 5 stelle L), a livello di un 2 stelle (e sono buono), con la roba portata a rate, con pane secco, e per avere tutto mi ci e’ voluto oltre mezzora, invece che i 10 minuti programmati. Sai te che mi frega di avere l’house keeping ogni 2 ore che mi viene a chiedere se va tutto bene, per che’ questo vuol dire essere in 5 stelle L?
E quindi in zona cambio gia’ con quel malumore che non promette nulla di buono. Il nuoto, con (ora ne ho la certezza) una muta del cazzo. O meglio, eccellente per chi nuota gia’ abbastanza parallelo, sull’acqua, non per me che nuoto a 45°: altrimenti non si spiega l’1:12 di Francoforte (acqua dolce) 2008 fatto con la Orca 3.8 e i 2 x 1:27 di questi ultimi 2 in lago: passi per Coeur d’Alene, che c’era un ondina e una corrente fastidiosa, ma qui era calma piatta. Mi ero innervosito a Coeur d’Alene, qui ho stramaledetto la Erox da puffo.
La bici, a parte i primi 30 km lungo lago riusciti in appendice, gli altri 150 km praticamente tutti sulle coppe poggiagomito, tra l’inchiodata alla scapola e la cervicale: “cosi’ imparo a mettermi il casco a goccia che convoglia l’aria fresca (perche’ non era caldo per i primi chilometri…) sulla schiena bagnata dal nuoto, e poi dalla pioggia”. Unica soddisfazione non aver mai messo il piede a terra, se non per fare pipi’ e massaggiare i piedi (ma a questo ero preparato). Altro errore di leggerezza: avevo preso 4 barrette, senza contare una buca, un problema qualsiasi: difatti 2 le ho perse per strada. Cosi’, all’inizio del secondo giro ero piuttoso affamato, ma ho spedito Carla a recuperarne qualcuna. E 7 ore le ho passate pedalando alla meno peggio.
Quando son sceso dalla bici, la schiena ha continuato a farmi male, come i piedi. E allora in soccorso e’ arrivata, ancora una volta, quella santa donna di mia moglie, che mi ha procurato 2 Nurofen, con cui ho potuto, almeno camminare il primo giro. Dal secondo, quando stavo meglio, se correvo piu’ di 500 m la sensazione di vomito nausea era troppo forte. In queste condizioni ho avuto solo una possibilita’, per finire: staccare il cervello e smettere di ragionare, perche’ stavo facendo i conti che non sarei riuscito a finire, stavolta, di quel passo.
Ultima mazzata la vista della medaglia di finisher: ero venuto qua per conquistare la medaglia “crociata”, che davano l’anno scorso o 2 anni fa: macche’, uno schifo di medaglia cosi’! Se lo sapevo andavo a festeggiare altrove l’undicesimo ironman. Quindi alle ortiche la sfida con Gianni (mi ha rifilato quasi 2 ore) i propositi di tempone, e come unico fine, il traguardo. A costo di impiegarci tutte le 16 ore del tempo massimo. Cosi’ non e’ stato, per fortuna, ma al momento il mio fisico non sopporta 2 ironman in 20 giorni.
Infine i ringraziamenti:
Al Greguràtt.
A quello (Nicola Zecchi?) che mi si e’ parato davanti in riva al lago riconoscendomi, e riconoscendosi lettore di questo blog (bonta’ sua!), raddrizzando un po’ la mia giornata.
A Marco Scotti, che mi ha passato sulla prima Forch, come io fossi fermo. E poi sempre pronto ad incitarmi, quando mi vedeva.
A Gianni e Nazario, encomiabili al mio arrivo (con tanto di video).
A Mirko che al suo primo ironman ha segnato 10.43.18 e a sua moglie Paola che mi ha tirato su in un momento di crisi.
A Claudio e Luca.
A PLP.
A tutti quelli che mi gridavano qualcosa sul percorso (sia bici sia corsa, e sono stati tantissimi!!!) perche’ la sportivita’ degli svizzeri e’ insuperabile.
Ed ora riparto. Dall’Elba il 27 settembre, perche’ un ironman deve essere difficile, senno’ che gusto c’e’?