Ironman Texas, l’ironman che non si doveva fare

Antefatto.

Fino all’ultimo non avevamo preso il volo, e ai primi di maggio, alla fine ci siamo decisi. Solo che i costi erano un po’ lievitati, e per la prima volta, per voli di questo tipo (che contemplassero la bicicletta) c’eravamo fidati di un sito web (anziche agenzia tradizionale). Nessun problema per il biglietto, solo che al momento dell’acquisto non sapevo come integrare il valigione, per cui mi sono fidato che bastasse una telefonata dopo “l’emissione del biglietto”. 
Inutile dire che ho passato una mezza giornata di nervoso, perche’ l’assistenza del sito mi continuava a dire che la compagnia aerea non accettava la valigia, ed io a ripetergli che era impossible visto che era oramai il mio Ximo viaggio con la bici. Per fortuna poi ha consultato un collega che ne sapeva e alla fine tutto risolto. Io, Carla e la bike saremmo partiti per Houston l’11 maggio. 
La United (in code share con Lufthansa) ci offre il wifi in volo, ed io, naturalmente ne approfitto. Al solito la nostra partenza non e’ piu’ antelucana, anche se l’arrivo sara’ in serata. Quindi partiamo alle 10 e mezzo e saremo a Houston alle 18.50. In realta’ arriveremo molto in anticipo (oltre un’ora!) perche le correnti ci spingono come raramente accade. Meglio cosi’. In volo mi godo Revelant, il film con cui Di Caprio ha preso l’Oscar, ispirato ad una storia vera.

Giunti al mega garage dove sono gli autonoleggi, la Dollars, con cui avevo prenotato un suv mi lascia liberta di scelta fra tre, ed io scelgo il piu’ imponenente. Arriviamo in hotel in poco piu’ di mezz’ora, anche perche’ le 23 miglia che dividono l’aeroporto dal Courtyard prenotato sono in autostrada.

Posto strano The Woodlands… boschi, vegetazione e tanti centri commerciali… E una configurazione diversa dalle solite citta’ americane: facciamo molta fatica ad orientarci. Pero’ anche qui danno il benvenuto agli Spartan…

Finalmente ci incontriamo con David e Ruggero (e siamo a giovedi) e con quest’ultimo andiamo alla registrazione. mentre siamo intenti alle compere, dopo la consueta procedura di ritiro pettorale, borsa, raccomandazioni e foto, riceviamo una mail: percorso nuoto cambiato, e nuova zona T1. Benissimo. Qualche settimana fa la comunicazione che invece di 180 sarebbero stati 150, i km di bici, perche’ una contea non da il permesso di passaggio, e nemmeno 2 giri da 90 sarebbero possibili perche’ la contea di Woodland vuole aprire subito le strade dopo l’ultimo.

Dunque ci viene detto che il braccio  di lago dove saremmo dovuti andare a finire per accedere alla zona cambio non e’ nuotabile. E che i 3800m saranno tutti nel lago principale, e la zona cambio preparata in questo parcheggio da dove partiamo. ovviamente tutto chiarito in un briefing torrido per la temperatura (e pure sotto il sole).


Arrivato in hotel preparo le borse Run e Bike, il pettorale (che si puo’ usare anche nella sola frazione di corsa) e cominciamo a studiare come fare sabato mattina, dove lasciare l’auto, e a che distanza. Ci sono limitazioni anche per quello, ma il parcheggio della chiesa metodista (grande come quello di un ipermercato) fara’ al caso nostro: dista 300m dalla zona start. Direi l’ideale.


Venerdi, pregara. Il patatrac. Caldo, umido. Verso mezzogiorno porto la borsa run alla T2, poi la bici alla T1, e la borsa bike. Caldo, umido. Vediamo com’e’ sto lago, dico a Carla, e mi avvio sul prato verso la riva. Caldo, umido. All’improvviso metto un piede in fallo e la caviglia sinistra mi si storce a 90 gradi di netto. Un dolore lancinante mi piega le ginocchia, mentre il male persiste. 
Addocchio una panchina a poca distanza, mi ci accomodo e……. niente, ricordo solo queste braccia possenti che mi tirano su, pian piano riprendo conoscenza, mentre una borsa gelata mi rinfresca il collo, una mano rugosa mi pulise la faccia. Carla ha una voce strana, mi chiede come sto, mi sanguina il naso, ed io non capisco, ancora. Mi tengo la testa con il braccio, mentre tutt’attorno mi chiedono Are U ok? Need something? 
Cosa vogliono? Perche’ fanno cosi’? Ma soprattutto perche’ mi sanguina il naso? Istanti lunghissimi…. Ancora gelo sulla nuca, acqua in faccia…. Ok, comicio a riprendermi: e capisco. Sono svenuto. Dritto di faccia in terra, sia pure da seduto, ma i Rayban mi hanno segnato la faccia. Il naso mi sanguina per i tagli degli occhiali..
Mi e’ gia successo, situazione simile in Egitto, dolore lancinante, caldo opprimente e umidita’, e giu’ dritto per terra svenuto. E anche nell’incidente in bici. Il mio medico dira’ che e’ una reazione normale al dolore. Sono spossato, la caviglia mi fa male (ma cammino), Carla dice cose senza senso sulla gara di domani (non la fai, stavolta non la fai!) 
Io mi sento senza forze, ma taccio. Anzi, dico, vediamo domani. Intanto appena arrivato in hotel letto ghiaccio e riposo. (Cazzo che male la caviglia, e intanto e’ grossa come un melone….)

La notte passa e la mattina sto bene, tutto sommato…La caviglia non mi duole a camminare, dunque si va. Adoro fare Ironman negli USA: le 5 del mattino corrispondono alle 12 in Italia, e ho pochi problemi di sveglia e sonno. Ci troviamo io Rugg e David. Io e Rugg partiremo con la muta, per ultimi, e David che va in caccia della slot senza. Lo vedo determinatissimo, ma le speranze sono poche, la sua categoria (35-39) e’ la piu’ tosta… Praticamente sono quelli in odore di pro.. David e’ fortissimo in bici e di corsa, ma a nuoto paga un po’ pegno. E il percorso ridotto a 150 non lo aiutera’.

Come detto noi “mutati”, che scopriro’ essere parecchi, partiremo dal fondo, e ci consentono anche di fare una traiettoria “di non disturbo” a chi gareggia per i titoli e gli slot: ci consentono, dicevo, di stare fra le boe e le barche, all’interno del perimetro. Dopo il lungo rolling start degli aspiranti, ci danno il via. Parto e mi trovo a mio agio, anche se la caviglia un po’ duole. Recupero tante posizioni, con la muta sembra di nuotare con il turbo, ma 3800m (anzi, 4200, alla fine) si fanno sentire: le mie sedute di allenamento ridotte, sia in termini di distanza, sia in termini di numero (una a settimana….) mi stancano in fretta ed esco un po’ al gancio.

Il report del nuoto

Dai ora con la Look senza appendici (concordato con coach per non modificare la posizione dedicata all’obiettivo stagionale, l’Oetztaler) sara’ una passeggiata, no? 

No. Subito mi accorgo che le gambe sono come svuotate. Mi alzo sui pedali ma mi risiedo subito… Evidentemente lo svenimento lo pago qui. Poi questo percorso nervosissimo, curve secche a 90 gradi, continui rilanci e frenate… Dislivello praticamente nullo, ma la sensazione che non sia mai pari mi innervosisce. Paesaggio orribile, caldo soffocante e umidita’ alle stelle… Sommato alla spossatezza viene fuori un tempo indicibile. E io che speravo di fare meglio per avere piu’ tempo nella maratona, dove non solo sapevo di non essere pronto, ma proprio di dover camminare per quasi tutti i 42 km!

Il report della bici

Esco dalla T2 e comincio a camminare senza pensare a come andra’. In meno di mezzora le nubi si anneriscono e viene giu’ un diluvio universale. Almeno allevia il caldo. Ma poi penso che avro’ freddo cosi’ bagnato… Mentre sono li’ che cerco di non farmi portare via dalle sventagliate del vento (si, pure quello), di non bagnarmi troppo, nel fiume d’acqua sul percorso (in certi punti avevo l’acqua alle caviglie….), un muro umano fermo davanti a me… Non si vede granche’, siamo in un bosco… 
Cerco di guadagnare posizioni zigzagando, alcuni volontari ci portano patatine, coca cola, molti tremano, siamo tutti, indistintamente, bagnati spolti, e ignari di quanto sta succedendo. Arrivo alla fine alla testa del gruppo (un centinaio buono…) e scopro che un muretto, su una parte del percorso lungo il canale che attraversa The Woodlands e’ pericolante. Se cede, non si passa. Certo che quando ti dice male…

Dobbiamo aspettare che le autorita’ diano l’ok, e qua, con le cause di gruppo, gli avvocati ci sguazzano e gli organizzatori si impoveriscono, quindi o le autorita’ si prendono la responsabilita’ di dare il via oppure si ferma tutto.

Finalmente si riparte, e sembra piu’ una tapasciata domenicale che la maratona di un ironman. Ora sto percorrendo il quartiere bene di The Woodlands, con ville che neanche nei film si vedono, e gli abitanti sono in strada ad incitarci, bagnati pure loro eppure li a urlarci e supportarci.

Passa un tempo infinito, quello che occorre per fare i maledetti giri sotto un acqua persistente con un certo nervosismo, perche’ alcuni gruppi di supporter sono francamente esagerati, ed io pacche sulle spalle e “gimmefive” non ne ho proprio voglia, pero’ sono comprensivi e ai miei dinieghi si defilano. Eccomi, ci sono. Il corridoio finale, in salita, tanto per non farci mancare nulla… Certo che non immaginavo fosse cosi’ lungo… Pazienza, ormai sono gli ultimi 200m e corro, corro a perdifiato fino al salto finale.

Il report della maratona

Ad aspettarmi come al solito Carla, un David cambiato e rinfocillato, ed un Ruggero raggiante. Medaglia splendida, maglia anche. Ho l’onore di averla dalle mani della moglie di Mike Reilly, quello che in moltissimi Ironman ti grida “Federico, YOU-ARE-AN-IRONMAN!”, io gli racconto che e’ sempre un emozione, anche se ne faccio 19, con questo.

Il post gara abbastanza liscio, salvo che non avevo capito che la borsa del mattino era all’arrivo (grazie Ruggero per esserti sorbito una passeggiata supplementare) e per la zona cambio che era diventata un pantano e le volontarie portavano delle bici che sembravano MTB dopo una gara nel fango. 
Martedi. Ciao The Woodlands, ora comincia la vacanza…. Prima tappa, Austin. La capitale del Texas. Austin ha due vie che sono il regno dello street food, e noi ci fermiamo in uno dei piu’ citati (a ragione), per una tacos.
Il resto di Austin e’ molto resistibile, a parte il Campidoglio, fulcro del potere dello Stato,ed i relativi giardini, pieni di monumenti e lapidi che ricordano la storia del Texas. Qui sotto la sala del parlamento.

Un quadro raffigurante la battaglia di Fort Alamo, e sotto il monumento dedicato ai caduti (eroi).

Il Texas ha visto nascere anche il corpo dei famosi Rangers (di cui l’editore Bonelli ne esalta mensilmente i fasti con il fumetto TEX), primo “corpo di polizia nazionale”, antesignana dell’FBI.

Ma oltre alle Tacos qui il cibo e’ prettamente Tex-Mex, ovvero un miscuglio di culture gastronomiche assai discutibile ed indigeribile, a me. Ne avro’ la prova definitiva da Guero’s, con un burrito di cui ricordo ancora la difficile digestione.

Mercoledi, sulla via di San Antonio sosta a Banderas, autoproclamatasi “Capitale mondiale dei Cowboy”. E ti aspetti chissache’. Ecco, appunto. Giusto perche era in strada, ma tutta sta nomea sembra rubata. O meglio, una settimana all’anno ci fanno un mega rodeo, ma le altre 51 settimane (e noi siamo capitati in un giorno di una di queste 51) e’ una citta come le altre, forse anche piu’ brutta. 
Il tempo di un caffe in un simil saloon, un paio di negozi folkloristici, un pranzo all’OST (Old Spanish Trail), dove l’unica attrattiva era il classico (o meglio quello che ritenevamo tale, visto che e’ stato uno dei pochi vestito in tal modo) texano con cappello stivali e pistola (vera) nella fondina (alle mie spalle con la camicia rossa, nella foto), e siamo gia’ diretti a San Antonio.

Il nostro hotel, lo storico Merger sorge davanti a Fort Alamo. Forte che visiteremo immediatamente lasciate le valigie. Restaurato bene, un bel museo e un percorso dove si racconta la storia. In pratica la nascita del Texas.

Altra caratteristica di San Antonio e’ un canale che si puo’ percorrere con una chiatta e una gentile timoniera racconta un po’ di cose, insomma un bel giro, che vale la pena di fare. Naturalmente la maggior parte dei ristoranti sono lungo questo canale.

Torniamo in hotel, e prima di coricarci mi gusto il primo (davvero, il primo!) frappuccino Starbucks della vacanza.


Giovedi, Galveston, il mare di Houston. La giornata infame, con vento furioso e pioggia scrosciante non rende giustizia, perche’ potrebbe sembrare, con ilsole gradevole. Di certo ha qualcosa come 32 miglia (50 km) di spiaggia. Ci concediamo una visita all’acquario, tanto per far passare un po’ di tempo. 

Venerdi, ultimo giorno. Colazione in hotel ghiacciata… Fuori forse fa piu’ freddo ancora, ma qua 15 gradi non ce li leva nessuno. Poi aeroporto, e viaggio di ritorno.

Addio Texas, senza rimpianti, ma non meriti una seconda visita.

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