Quando pero’ la strada, anziche’ declinare dolcemente (come all’andata, che saliva dolcemente) declinava “ad onda” (discese e leggere risalite, che dopo 28-29 km non sono poi cosi’ leggere) o non riuscire a vedere tanto per via della nebbia, a quel punto, invece che rimanere lucido e non pensare ad altro che ad andare avanti, rallentando il passo magari, o cogliendo l’attimo, li’ mi fermavo a camminare e a sacramentare, come -fatte le dovute proporzioni!- Bellini in mezzo al Pacifico.
Non me ne capacito, io che ho finito 9 Ironman, laddove inizio la maratona dopo circa 8/9 ore che sto faticando, sudando e sbuffando, a quel punto rinasco, mi “ricarico” e pur con tempi finali maggiori nei 42,2 km (fra le 5 e le 6 ore) ho un approccio mentale positivissimo che mi porta a correre (beh, camminare molto, in verita’) con il sorriso, a salutare, ringraziare e a vivere la maratona dell’IM benissimo. L’ho detto la settimana scorsa come battuta, ma forse, se fossi veramente andato in bici a Reggio (90 km) avrei fatto meglio.
Cosi’ come (Grazie Gira) vorrei consolarmi con il motto di Muttley, il cane di Hanna e Barbera, “Medaglia, medaglia medaglia!”, ma oggi non riesco proprio. Forse ho sbagliato a darmi obbiettivi velleitari piu’ elevati che il mero “arrivare”. . .