Mi era sempre rimasta la curiosita’, una volta giunto alla Raticosa (oramai scollinata diverse volte) di fare quei 13 chilometri che la dividono dalla Futa, e ieri dopo un puntiglioso studio su un giro di 133 km che la comprendesse, era arrivato il momento di soddisfare quella curiosita’. Non solo, il giro studiato comprendeva anche la discesa dalla Valle del Santerno, assaggiata solo in parte durante la Tre Monti. Cosi’, partito dall’ormai consueta piazzola del cimitero di Castel San Pietro, in due ore ero alla Raticosa, con la morbida e solita scalata a Sassoleone, la strappata di Piancaldoli e del Poggio, e i regolari (ma mai facili) 7 chilometri che dal bivio per Firenzuola separano dalla Raticosa. Fin a qui tutto bene e conosciuto.
Da qui si scende a Pietramala, che evidentemente risente del nome, perche’ il fondo stradale e’ bestiale, ed ho anche rischiato di cappottarmi, poi i ricordi si offuscano un po’, come per tutte le cose dolorose che si tendono a dimenticare, perche’ come si vede dalle foto si dovrebbe passare dai 986 metri della Raticosa ai 903 della Futa, ma in realta’ e’ un su e’ giu’ piuttosto faticoso. Oltretutto le sirene adulatrici dei cartelli che indicavano la salvezza (le deviazioni per Firenzuola) sono almeno 3, e ognuna ha il proprio fascino, ma la mia determinazione a raggiungere il passo della Futa sono state prevalenti, ed alla fine ho raggiunto la meta.
Come si vede l’unica indicazione (assai invitante anche questa, lo ammetto), sono i 45 chilometri che mi separano da Firenze, ma piu’ avanti si trovano anche le indicazioni per Bologna e Imola. E dunque si torna in Emilia (o meglio, in Romagna, prima…), passando per Castro San Martino e Firenzuola, imboccando poi la via Imolese, preludio ad uno dei tanti tesori naturali che abbiamo in Emilia-Romagna ma che non sappiamo esaltare: la valle del Santerno, infatti, e’ praticamente una gola, che nulla ha da invidiare ad altre vallate da cartolina. Traffico non eccessivo, dolcemente in discesa si passano i comuni di Castel del Rio, Fontanelice, Borgo Tossignano e Casalfiumanese.
Per evitare al massimo il traffico della via Emilia avevo deciso di tagliare da Casalfiumanese in val Sellustria passando per Croara e poi (se le forze mi sostenevano) scalare Dozza e ridiscendere a Castello per una via interna. Solo che Google map di default (ed io me ne dimentico sempre) non da la funzione “terreno”, e quindi gia’ non sapevo che Casalfiumanese e’ rialzato, e poi che la strada per Croara e’ un connubio feroce di inferno-paradiso, tanto bella quanto dura da scollinare. Sinceramente avendo la mappetta del Garmin (e non la schermata delle pendenze) non ho idea di quanto sia dura, la gamba, pero’ ha tenuto, e solo agli ultimi tornanti ho preso una pausa.
Poi la picchiata in val Sellustria e al bivio per Dozza ho tirato dritto (nonostante il fondo stradale da terzo mondo), erano gia’ oltre 5 ore che ero in bici, e gambe a parte, tutto il resto era dolorante, perineo, schiena, collo, perfino le braccia. Alla fine ero parecchio soddisfatto, per il giro, per il chilometraggio, per i posti -splendidi- scoperti. Sei ore e venti (ma tante soste) e 134 km. Dislivello nizzardo (1850m +) e una proiezione IM di circa 8 ore sui 180 km. Ancora troppi, ma ho 50 giorni per limare un’oretta al tempo presumibile finale.